Dice ben poco questo candido edificio secentesco. Architettonicamente è veramente poco significativo, mostrando solo una discreta riva d'acqua e un sovrastante piccolo poggiolo, ma la sua importanza è data dal fatto che tra queste mura, nel 1750, nacque e poi visse Teodoro Correr, uno dei principali collezionisti veneziani che nelle tre sale e circa venti camere di casa sua aveva «sparsi e in parte distribuiti» stampe, quadri, libri, di antichità, medaglie, manoscritti ecc.; quel Correr che alla morte, avvenuta nel 1830, lasciò ogni cosa alla municipalità veneziana e che è a tutt'oggi il nucleo fondamentale delle raccolte dei Musei Civici Veneziani (ospitate nell'Ala Napoleonica e nelle Procuratie Nuove di piazza San Marco).
Sono presenti sei monofore sul lato destro, su quella che è oggi la calle del Traghetto de la Madoneta, e altre sette sul lato sinistro del caseggiato, tutte adibite a depositi di vino e di altre merci. Un forno, infine sul lato posteriore, rendeva quasi del tutto autosufficiente questa unità abitativa che può a buon diritto essere definita una classica casa-fondaco. Nel Quattrocento il palazzo subì un radicale restauro e l'impianto primitivo venne pesantemente modificato. Nuovi interventi si resero necessari nel corso del Seicento che fecero quasi scomparire ogni riferimento alla caratteristica tipicamente mercantile del palazzo. Di epoca ancor posteriore è, infine, la sopraelevazione dell'ultimo piano e l'abbaino.
Oggi la facciata si presenta abbastanza anonima con due importantissime eccezioni: la pentafora di cui già si è parlato al secondo piano nobile, ricca di quattro colonne e due pilastri laterali con stupendi capitelli quattrocenteschi, due ornati a paniere e due con motivo corinzio, archi a tutto sesto rialzati sul piedritto, quattro formelle verticali e una patera e la cornice marcapiano superiore, di stile veneto-bizantino, scolpita a motivi floreali e disposta lungo tutta la larghezza della facciata.

I Correr furono un'antichissima famiglia che già nel IX secolo occupava cariche importanti nel governo della Repubblica. Fu inclusa nel Libro d'Oro nel 1297, e da essa sortirono alti prelati, fra i quali Angelo, che fu papa Gregorio XII (1406- 1409). Ebbe pure molti esperti diplomatici, ma non dogi: pare che per un'innata prudenza e diffidenza i veneziani fossero restii ad eleggere doge chi apparteneva a famiglie molto legate alla Chiesa, della quale temevano l'interferenza. Anzi la loro determinazione di mantenersi indipendenti era tale che, se un patrizio sceglieva la vita ecclesiastica, in quanto tale era immediatamente estromesso dal Senato, e in quanto veneziano prima di accettare un'alta carica religiosa doveva ottenere il beneplacito della Signoria.