
Lungo la Riva del Carbon e affacciato sul Canal Grande, si erge questo grande e splendido palazzo tardogotico nelle cui stanze pare che fosse nato (anche se mai vissuto), nel 1479, il cardinale umanista e letterato Pietro Bembo, amico di Lucrezia Borgia e di Caterina Corner il quale, però, apparteneva ad un ramo diverso della antichissima e illustre casata dei Bembo. Questi ultimi furono presenti sulla scena veneziana fin dal 697, quando concorsero all’elezione del primo doge (erano membri di una delle quattro famiglie “evangeliche” che portarono alla fondazione della città). Ebbero anche un doge, ma solo in epoca tarda, Giovanni, un uomo d’arme che si era fatto onore nella lotta contro i pirati uscocchi. Pietro Bembo si impose nell’ambiente letterario italiano come maestro del classicismo volgare che egli espresse più compiutamente negli Asolani, dialoghi d’amore ambientati nella reggia-villa della regina Caterina Corner. Pur essendo un ecclesiastico, in realtà egli visse sentimenti estremamente “terreni” innamorandosi di una donna che non potè sposare per non perdere i benefici del suo status di cardinale, con la quale, però, convisse coniugalmente.
Il ramo di San Salvador, cui apparteneva l’edificio fin dal Trecento, è spesso menzionato in un anonimo codice marciano intitolato Casi infelici, fini e morte di nobili Veneti vi sono citati Lorenzo Bembo, impiccato nel 1585 per appropriazione indebita, Francesco Bembo, decapitato nel 1599 per spionaggio e un altro Pietro (non il cardinale) che fu arrestato per le estorsioni commesse quando era provveditore a Santa Maura in Dalmazia. Questa linea della famiglia ha presentato, inoltre, casi di tare genetiche piuttosto frequenti con più di un membro zoppo, gobbo, gracile e dalla salute cagionevole; ciò era dovuto all’usanza, piuttosto diffusa al tempo, di matrimoni fra consanguinei con possibili gravi ripercussioni sulla salute della prole.
Nel Quattrocento l’edificio che oggi vediamo fu totalmente ricostruito e precedenti costruzioni bizantine, risalenti all’XI secolo, furono inglobate (la stupenda cornice a foglie d’acanto, che funge da marcapiano sotto il primo piano nobile e l’elemento di chiusura in pietra dell’angolo destro rimangono a testimonianza di ciò); durante il XVII secolo, inoltre, furono eseguiti importanti restauri che hanno dato alla dimora dei Bembo l’aspetto attuale. La facciata è racchiusa fra colonnine a spirale e conci a sega e sviluppa il suo volume più orizzontalmente che verticalmente, presentando uno schema speculare che fa convergere le due pentafore centrali verso un asse mediano verticale; il poggiolo continuo che unisce le polifore fu aggiunto solo successivamente (come anche l’ultimo piano) e questo ci fa ben comprendere che l’edificio è la risultante di un’operazione di unificazione di due case patrizie. C’è da dire che l’accorpamento è ben riuscito, in quanto la rossa facciata risulta armoniosa e ben equilibrata, “scolpita” da una serie di ampie aperture tra le quali, quelle del primo piano nobile, spiccano per gli archi inflessi e le monofore laterali molto elaborate, di maggiori dimensioni rispetto a quelle del secondo piano nobile e racchiuse fra esili colonnine dagli aggraziati capitelli. Su tutte le finestre vi è il classico fiore gotico e due belle nicchie in pietra d’Istria che contribuiscono a dare un delicato rilievo chiaroscurale all’insieme. Attualmente il palazzo è diviso in diversi appartamenti molti dei quali sono adibiti ad uffici.
