
Questo bel palazzo, la cui costruzione è collocabile tra il 1548 circa e il 1556, venne indicato da Francesco Sansovino come opera di Michele Sanmicheli, ma l’attribuzione non è accolta all’unanimità dagli studiosi. Si tratta di una nobile architettura con due balconi a quadrifora sovrapposti nel settore centrale, di cui quello al piano nobile è inquadrato da colonne doriche e affiancato da coppie di finestre sigillate da frontoncini curvi. Si notino i due stemmi gentilizi che contribuiscono a dare rilievo chiaroscurale al fronte, che fu concepito abbastanza piatto per permettere a Jacopo Tintoretto di affrescarlo completamente, cosa che avvenne puntualmente. Noi, purtroppo, possiamo solo immaginare la bellezza di quegli affreschi in quanto sono andati completamente perduti; sappiamo solo che raffiguravano, tra l’altro, Adamo ed Eva, Caino e Abele e il Crepuscolo e l’aurora;, quest’ultime figure ispirate alle sculture di Michelangelo Buonarroti che erano alle Cappelle medicee di Firenze. La facciata venne completata con motivi floreali e medaglioni che sono andati anch’essi perduti, ma di cui rimangono le incisioni di Antonio Maria Zanetti, pubblicate nel 1760 nelle Varie pitture a fresco.Molto curato in tutti i particolari, il palazzo ha una pianta molto movimentata, con un bell’atrio arricchito da sontuose colonne e da un bel cortile dove si ammiravano affreschi, forse opera di Giambattista Zelotti, raffiguranti Ercole in varie pose. È lecito pensare che sia stato lo stesso Sanmicheli a progettare l’intero ciclo pittorico tenendo in considerazione sia l’esigenza dei committenti di dimostrare la propria passione per l’arte, sia anche la inarrivabile grandezza del maestro Tintoretto, di fronte al quale senz’altro l’architetto dovette subordinare il proprio linguaggio espressivo.
I Gussoni erano, come già detto, grandi amanti dell’arte: possedevano infatti una delle collezioni di tele più prestigiose del tempo e della quale facevano parte ben sei dipinti del Tintoretto, certamente il loro artista preferito. Finché essi vi abitarono, il palazzo fu mantenuto in perfetta efficienza, anche perché vi avevano insediato l’Accademia Delfica, detta anche “Gussonia“, un’istituzione culturale dedita soprattutto allo studio dell’eloquenza. Di certo l’edificio, per i pochi decenni durante i quali fu possibile ammirarlo nella sua completezza, ovvero affrescato all’esterno con la riproduzione delle statue michelangiolesche e con le statue antiche affrescate nel cortile, costituì un esempio molto interessante del gusto e della cultura dei proprietari, i quali avevano inteso riproporre l’esempio di una casa romana dell’antichità classica.
La famiglia Gussoni si estinse nel 1735 con la morte del senatore Giulio che lasciò la proprietà alla moglie Faustina Lazzari e alla figlia Giustiniana. Quest’ultima suscitò grande scalpore a Venezia allorché, nel 1731, decise di tentare una fuga d’amore col conte bergamasco Francesco Tassis; i due si sposarono clandestinamente ma il Consiglio dei Dieci non riconobbe la validità del matrimonio e Giustiniana, rimasta presto vedova, fu costretta a tornare a Venezia dove poi sposò Piero Maria Curti, ancora restò sola e morì poi nel 1747. Allora Faustina, divenuta unica proprietaria dell’intero palazzo, lo legò alla propria famiglia con l’obbligo di aggiungere il cognome di Gussoni. Girolamo Minio Gussoni vendette lo stabile ai Grimani nel 1798 e da questi lo acquistarono nel 1816 da Cesare Della Vida, un ricco affarista ebreo. Attualmente esso è di proprietà dello Stato italiano che vi ha stabilito la sede veneziana del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto.
