Palazzo Barbarigo Il palazzo, che si affaccia sul Canal Grande, subito oltre l’enor­me Palazzo Corner della Ca’ Granda, alla confluenza del rio di Santa Maria del Giglio, è di origine secentesca e si presenta chiaramente asimmetrico, quasi certamente non completato (ma forse si tratta semplicemente di una soluzione dovuta alla carenza di spazio costruttivo, espediente che era già stato adottato per un altro palazzo della stessa famiglia sito alla Maddalena a Cannaregio). Se si guarda la sua facciata, infatti, si noterà come manchi del tutto la sua parte sini­stra (quella che avrebbe dovuto esserci al posto di parte dell’adiacente Palazzo Minotto) e si vedrà come il portale d’acqua e le due serliane dei piani superiori che dovrebbero essere centrali siano assolutamente spostate a sinistra, crean­do così una fascia continua ricca e coloristica, che si contrappone ai vuoti della parte destra. Gli interni sono sfarzosi e possono annoverare affreschi di Tiepolo e stucchi del maestro decoratore Carpoforo Mazzetti Tencalla, tutti databili agli anni Quaranta del Settecento, quando il palazzo fu oggetto di importanti lavori di restauro.

Pare che ai Barbarigo, originari istriani, appartenesse certo Arrigo che nell’880 sconfisse in battaglia odiati pirati saraceni, tornando in patria con le barbe tagliate ai nemici: da qui il nome e lo stemma che raffigura, appunto, sei lunghe barbe poste su due diagonali. Comunque sia, la famiglia fu una delle più antiche e im­portanti di Venezia, tanto da poter annoverare tra i suoi membri molti vescovi, cardinali e patriarchi. Tra questi anche quel San Gregorio Barbarigo, nato proprio tra queste mura nel 1625, battezzato nella vicina chiesa di Santa Maria del Giglio, morto nel 1697, beatificato nel 1761 e santificato nel 1960 sotto il pontificato di Giovanni XXIII, già patriarca di Venezia. Una lapide in facciata, a livello del mezzanino, ricorda quest’uomo mite nello spirito, gracile nel fisico, che de­dicò tutte le sue energie all’azione pastorale metodica e profonda e alla catechesi di giovani e adulti: il suo corpo riposa nella cattedrale di Padova, città della quale fu vescovo. La famiglia si estinse nel 1804 con la morte della brillante e salottiera Contarina Barbarigo e il palazzo passò in eredità alla famiglia di Marcantonio Michiel. Dopo varie vicissitudini, nel 1896, passò a Antonio Donà delle Rose che ne mise all’incanto tutti gli arredi.