Palazzo Marcello Toderini Piccolo edificio a un solo piano nobile, con serliana centrale affiancata da monofore centinate inscritte in una cornice trabeata, consueta nell'architettura del XVII secolo.
I Marcello discendono dalla gloriosa "romana gens" omonima. La famiglia ebbe due dogi: Tegalliano (717-726), il secondo dei due soli dogi con sanzione del Basileus prima che Venezia si svincolasse politicamente da Bisanzio; e Nicolò (1473-1474). Ma pur fra tanti famosi capitani e statisti, che questa famiglia diede alla Serenissima, il suo nome rifulge per la gloria di due fratelli musicisti: Alessandro (1684-1750) e più ancora Benedetto (1686-1739), che nacque nel palazzo Marcello in rio della Maddalena. In quanto patrizio, la vita di Benedetto era destinata a servire la Repubblica; infatti egli svolse molti incarichi importanti, fu provveditore generale a Pola e fece pure parte dei Quaranta, ma la musica fu la sua sola passione. Fu il padre che, pungendolo nell'orgoglio, lo fece uscire dall'oscurità: un giorno, dopo che Alessandro, virtuoso di violino, ebbe suonato davanti a un gruppo di ospiti, il padre disse ridendo che Benedetto avrebbe solo potuto reggere la custodia dello strumento. Da quel momento il giovane dimostrò di non essere da meno del fratello maggiore. Di natura complessa, contraddittoria, di immaginazione viva e fantasiosa, ma introverso e melanconico, egli scrisse parecchie opere, composizioni orchestrali e meravigliosi salmi ancor oggi apprezzati ed eseguiti . Emerse pure come critico acuto e mordace. Si innamorò in maniera degna del suo estro artistico: una sera sotto le sue finestre passò una barca con parecchi occupanti, fra i quali una fanciulla che cantava con voce incantevole. A Benedetto parve fosse l'anima stessa della Musica: sceso a precipizio da basso, inseguì la comitiva con la sua gondola e, conosciuta poi la cantante, la educò e la sposò. Un giorno, molto tempo dopo, mentre era in chiesa, una pietra tombale si ribaltò ed egli scivolò con tutta la sua gamba nella fossa. Dapprima ci rise, ma poi la sua indole un po' morbosa prese il sopravvento e ritenne questo episodio, divenuto ossessione, un oscuro ammonimento. Ripudiò perciò la musica, dedicandosi a scritti religiosi. Morì a soli 53 anni, mentre era camerlengo a Brescia, per la riacutizzazione di una malattia contratta in gioventù. Nel suo testamento proibì ai suoi eredi e discendenti di coltivare la musica.