Ca Rezzonico Il grande nemico dell'arte barocca John Ruskin, che tanto scrisse sull'architettura veneziana, pensava che questo edificio fosse l'unico a Venezia ad essere brutto come un palazzo moderno, trovava addirittura stupide certe trovate decorative, come i pilastri che egli definiva "pile di forme di formaggio" o i leoni con la lingua di fuori e le teste mozzate sopra il piano nobile che etichettava ugualmente come "stupide".
Di opinione opposta, invece, era il critico d'arte inglese, Henry James, che solo qualche anno dopo definisce Ca' Rezzonico "maestoso tempio del barocco, ammirevole nel suo ordine".
Ca' Rezzonico nasce in pieno Seicento, su commissione del Procuratore di San Marco Filippo Bon, che ne affida la progettazione a Baldassare Longhena, eclettico architetto autore, fra l'altro, di Ca' Pesaro e dalla Basilica della Madonna della Salute. Il palazzo fu costruito a partire dal 1667 su preesistenti edifici abbattuti per far posto alla nuova fabbrica.
Alla morte dell'architetto, nel 1682, anche a causa dei gravi problemi finanziari in cui s'erano venuti a trovare i committenti, l'edificio fu interrotto all'altezza del primo piano. Così rimase fino al 1750 quando fu acquistato dai della Torre Rezzonico, ricchi banchieri di origine lombarda, provenienti appunto da Rezzonico, piccolo borgo sul lago di Como, che nel 1687 erano riusciti ad entrare nel patriziato veneziano pagando ben 100.000 ducati, cioè il due per cento dell'intera entrata annuale dello Stato. L'incarico di completare i lavori secondo il progetto originale fu dato a Giorgio Massari che, con qualche modifica, portò a termine il secondo piano e ideò il salone da ballo, posto trasversalmente nella parte posteriore dell'edificio, nonché la scenografica scala a due rampe che ad esso conduce. Per le decorazioni interne furono quindi chiamati i maggiori artisti del tempo: Giambattista Tiepolo, che affrescò i soffitti di alcune sale con soggetti esaltanti avvenimenti e virtù di casa Rezzonico; Giambattista Crosato, cui si deve il sof-fitto del salone da ballo, fastoso ambiente ricco di stucchi e prospettive architettoniche; Giusto Le Court per le statue dello scalone, e altri ancora.
La maestosa facciata è impostata su un pianoterra a bugnato d'ordine dorico con portico centrale tripartito e colonne accoppiate alle estremità. Il piano superiore, abbandonata la tipica ripartizione a trittico, si snoda in una serie di grandi aperture ad arco, con grandi chiavi e riccamente scolpite, che si affacciano su un poggiolo continuo e sono interval-late delle colonne dell'ordine ionico. Lo stesso schema è ripetuto al secondo piano dove però il Massari ha sostituito le colonnine delle finestre con pilastri, attenuando il gioco chiaroscurale dei piani inferiori.
Nella sua struttura il palazzo conserva sempre la traccia della sua origine e cioè la casa-fondaco. È quindi la residenza del patrizio ma anche l'azienda del mercante. Ha due ingressi: uno dall'acqua, dove entrano le merci, chiamato riva, l'altro da terra, che può immettere in una corte con pozzo per l'approvvigionamento idrico e permettere l'accesso ad una scala esterna. La merce arrivava quindi di solito via acqua ed era portata al piano di sopra, nel salone principale, per essere mostrata ai clienti. Più recentemente il salone principale veniva utilizzato solo per feste e ricevimenti. Al piano terra, lateralmente all'androne d'ingresso, si trovava il mesà o piano ammezzato; le ali erano divise a metà in altezza e utilizzate come uffici amministrativi del mercante. Le stanze laterali al salone principale erano utilizzate come abitazione propria del "paròn de casa". Infine il sottotetto abitato in origine dai servitori e dagli addetti all'azienda mercantile. Anche se negli ultimi quattro secoli della Serenissima è andata persa la vocazione originale di quella società di mercanti imprenditori si è voluto continuare a costruire rispettando quello stile divenuto oramai tipico della città lagunare.
La sua pianta è evidentemente a tipologia Italiana, articolato intorno ad un cortile centrale. Il giardino alle sue spalle si è adattato alla conformazione degli edifici circostanti e anche per questo si estende per poco.

Numerose sale sono oggi chiuse o carenti di immagini perché utilizzate per il museo di arte del '700. Tra gli ambienti più suggestivi ricordiamo la sala della dama, riccamente decorata con motivi dai colori vivaci, come il verde e il rosa, su uno sfondo bianco e fornita ovviamente di numerosi specchi. La sala dei pastelli tende più al rosso e all'arancione ed è ricca di mobili e quadri del barocco Italiano.
In questo palazzo abitò, prima della sua salita al soglio pontificio, Carlo Rezzonico (nato però nel 1693 nel palazzo Fontana Rezzonico), poi papa Clemente XIII (1758-1769). In omaggio al papa, Venezia concesse ai Rezzonico il rarissimo Cavalierato ereditario, esauritosi nel 1810 con la morte a Pisa dell'ultimo discendente diretto, Rezzonico Abbondio.
In occasione dell'elezione di Clemente XIII, nei giorni immediatamente successivi, si distribuì al popolo pane e vino su un tavolo che si allungava su tutto il rio di San Barnaba e per diverse sere si tennero ricevimenti nei saloni cui tutta la nobiltà veneziana intervenne "in maschera col volto alzato", ossia in tabaro e bauta ma col volto scoperto. Particolarmente famosi sono rimasto poi alcuni ricevimenti principeschi offerti in onore del Duca di York nel 1764, e in onore dell'imperatore Giuseppe II nel 1769, tutte le occasioni in cui la nobile famiglia non risparmiò lusso e ostentazione. Ma con la caduta della Repubblica, la grave e generalizzata crisi finanziaria che ne seguì aggravò di molto le loro condizioni economiche. Il già nominato ultimo Rezzonico, Abbondio, alla sua morte nominò erede il cognato, Lodovico Widman, con il quale iniziò un periodo durante il quale una vera e propria folla di personaggi, nobili e non, passò da queste sale, in qualità di proprietari o affittuari. Nel 1888 il palazzo venne acquistato dal poeta inglese Robert Browning, che vi abitò con il figlio Pen. Purtroppo il grande poeta ebbe poco tempo per godersi il suo bel palazzo: morì infatti nel 1889 per un malanno preso durante una gita al Lido in una giornata nebbiosa. Dopo altri passaggi nel 1935 Ca' Rezzonico venne acquistato dal Comune di Venezia, che vi allestì il Museo del Settecento Veneziano, organizzato da due preparatissimi storici dell'arte, ossia Nino Barbantini e Giulio Lorenzetti. Nel 1979 il Comune commissionò a Giorgio Bellavitis il progetto di risistemazione dell'edificio. Fra le varie collezioni artistiche di grande pregio e interesse (opere pittoriche del Canaletto, del Guardi, di Tintoretto, nonché dei Tiepolo e numerosi bozzetti in terracotta di Giovanni Maria Morlaiter), vi si può ammirare una quarantina di dipinti di Pietro Longhi che rappresentano scene della Venezia del Settecento con tale vivacità di spirito di osservazione e di arguzia, da richiamare alla mente i ritratti teatrali del suo celebre contemporaneo Carlo Goldoni.
E' custodita inoltre nel museo la Pinacoteca Egidio Martini, frutto della donazione di Egidio Martini, che risulta la più importante fatta alla città di Venezia dagli inizi del Novecento, sia per il numero delle opere, che per l'alta qualità e l'importanza filologico – storica.
È una collezione di dipinti, quasi tutti di scuola veneziana, che vanno dal '400 agli inizi del '900 e che comprende opere di maestri importanti ma anche di artisti che proprio grazie agli studi di Egidio Martini hanno trovato una giusta collocazione nel contesto dell'arte veneta. Possiamo affermare che il fascino indiscusso di questo museo, così ben organizzato, sta nel fatto che vi si possono ammirare, oltre alla grande pittura del Settecento e all'arte rococò, anche oggetti che narrano di amori, dissoluzione, mistero, follia e ragione.


Museo del '700 veneziano: http://carezzonico.visitmuve.it/