Palazzo Corner della Ca Granda Grande famiglia, questa dei Corner. Insigni e controversi personaggi fecero par­te di questa casata che annoverò, fra i suoi componenti, grandi rappresentanti del mondo finanziario e mercantile, come quel Federico Corner che, nella gestione delle sue piantagioni di canna da zucchero nel feudo cipriota di Piscopia, applicò, fra i primi in Europa, moderni criteri proto industriali, cosa del tutto inedita per quei tempi. Vi è inoltre la deliziosa figura di Caterina Corner, regina di Cipro, qui basti dire che la potenza politica ed economica di questa famiglia fu tale che i suoi membri furono sempre presenti in ruoli di primissimo piano nelle maggio­ri istituzioni veneziane. Tramite un’accorta politica matrimoniale, inoltre, essa ac­crebbe sempre più il suo ingente capitale che consisteva di tre palazzi a Venezia, innumerevoli feudi, tenute, ville, navigli e, perfino, del complesso termale di Aba­no. Più di uno fu procuratore e cardinale, e seppero gestire e far fruttare i propri beni per secoli prima dell'inevitabile declino.

Il nome stesso di questo edificio ci chiarisce subito una delle sue più eviden­ti caratteristiche: la sorprendente grandezza. Trionfalistico e imponente, la sua silhouette interrompe all'improvviso la unidimensionale continuità delle fac­ciate sul Canal Grande, testimoniando, proprio con la sua mole inconsueta, l’in­tento di innovazione che il suo autore, il geniale architetto Jacopo Sansovino, volle concretizzare nella sua progettazione. Precedentemente, su questa stes­sa area, sorgeva il bel palazzo Malombra ben visibile nella pianta di Venezia cin­quecentesca di Jacopo De Barbari; successivamente questo edificio fu acquista­to da Giorgio Corner, fratello della più celebre e già citata Caterina, ma la sfor­tuna volle che esso andasse completamente distrutto in un terribile incendio di cui ci lasciò testimonianza scritta il celebre storico e diarista veneziano Marin Sanudo. Pare che il disastro fosse stato causato da un incidente occorso durante l’o­perazione di asciugatura di una partita di zucchero proveniente da Cipro e posta a seccare nel solaio, al calore delle braci, che provocarono poi un incendio pre­sto diffusosi in tutto l’edificio. Morto Giorgio nel 1527, il figlio Giovanni, all’a­pice della propria fortuna politica ed economica, decise di affidare il progetto di una nuova fabbrica al già citato Jacopo Sansovino, protomagister di San Marco e già autore di prestigiosi edifici a Venezia, il quale aprì il cantiere nel 1533. Il celebre architetto, però, non portò a termine i lavori che furono invece comple­tati da Vincenzo Scamozzi dopo il 1556.

Il Sansovino era arrivato a Venezia da Roma nel 1527 e ovviamente aveva por­tato con sé quelli che erano i canoni architettonici che si stavano affermando nel­la Roma papalina del tempo. Questi richiami si avvertono fortemente nel Palaz­zo Corner della Ca’ Granda, anche perché la scelta del progettista coincideva con la linea filopapalista seguita dalla famiglia committente. Romano, quindi, que­sto palazzo lo è soprattutto nell’idea di una scelta, che diviene strumentale alla celebrazione della casata Corner, rendendolo un caso unico nel contesto dell’ar­chitettura veneziana del tempo. E romano lo è per i tanti tratti architettonici che costituiranno una vera e propria piccola “rivoluzione” nella città lagunare. Possiamo affermare che il genio sansoviniano qui ideò un nuovo modello di pa­lazzo veneziano, richiamandosi fortemente a quegli stilemi che, come già detto, andavano affermandosi a Roma: il basamento bugnato, i mensoloni a volute, l’in­gresso a triplice arcata, i piccoli balconi inseriti nella luce delle finestre, i corni­cioni, lunghissimi, che segnano l’andamento orizzontale della facciata e l’utiliz­zo di colonne binate poste ad intervalli precisi e che scandiscono la distribuzio­ne regolare delle finestre nei piani nobili, eliminando in tal modo la tradiziona­le tripartizione del palazzo. La novità maggiore, però, sta nell’organizzazione del­la pianta intorno ad un grande cortile centrale, motivo che sarà completamente assimilato durante l’epoca del tardo barocco. Alla morte di Giovanni il palazzo non era ancora terminato, ma era già ben co­nosciuto e suscitava ovunque ammirazione per l’equilibrato senso di modernità che aveva apportato nel panorama lagunare. Oltre che per la bellezza esterna, la Ca’ Granda era famosa anche per la sontuosità degli interni, splendidi per la ric­chezza dei decori e del mobilio. I Corner vi avevano man mano collocato anche una favolosa pinacoteca il cui catalogo poteva annoverare autori del calibro di Tintoretto, Raffaello, Tiziano e Jacopo Palma il Vecchio. Una bellissima vera da pozzo, opera dello stesso Sansovino, che era stata collocata nel cortile, oggi fa bella mostra di sé in campo Santi Giovanni e Paolo, e nel selciato della corte in­terna era stato ideato un tracciato in pietre rosse che costituiva una specie di la­birinto, un gioco che divertiva gli ospiti nei momenti di festa.

Il palazzo rimase nelle mani della famiglia fino al 1812, quando Nicolò, penul­timo discendente, lo cedette allo Stato. Nicolò, bizzarro personaggio appartenente alla massoneria e partigiano sfegatato della democrazia di impronta francese, era stato un membro della filonapoleonica Municipalità Provvisoria instaurata a Ve­nezia nel 1797, dopo la caduta della Repubblica. È rimasto famoso un episodio verificatosi in occasione della sua morte che, pare, costò uno spavento terribile al povero Davide Zuliani, un fratello massonico confortatore e famoso chirurgo che, nell’avvicinarsi dell’ora suprema, gli stava accanto preso dalla compassio­ne per l’amico morente che, ormai da quattro ore, era in coma profondo e non dava più segni di vita. Ma ecco che, all'improvviso, nel silenzio profondo della stanza, Nicolò balza sul letto abbracciando con forza Zuliani e gridando: «Davi­de, hai core? Andiamo all’inferno insieme!» e, dicendo queste cose, morì. Il mal­capitato amico si ammalò gravemente di un’affezione nervosa cronica dovuta al­lo spavento subito e non si riprese più.
Uscito in tal modo di scena l’ultimo dei Corner, l’occupante governo austriaco fissò, nel 1814, nel palazzo la sede della Delegazione Provinciale, ossia della Pre­fettura, e anche lo Stato italiano ha ritenuto opportuno che questa bellissima di­mora continuasse ad ospitare l’organo di governo periferico. Dispersi gli arredi originali e la splendida pinacoteca, gli ambienti, nonostante ospitino uffici, so­no stati riarredati in modo consono alla dignità della Ca’ Granda.