Palazzo Malipiero Questo palazzo è il risultato della ristrutturazio­ne, avvenuta nel 1622 per i Malipiero, di un edificio gotico dei Cappello del quale rimangono alcune finestre e il portale della facciata sul campo di San Samuele. Lo stile è semplice, con l’asse principale, leggermente spostato a destra, caratterizzato dai por­tali gemini sui quali insistono le pentafore dei piani superiori. Alcuni elementi già barocchi, memori della lezione di Alessandro Vittoria, hanno fatto pensare ad un’opera giovanile di Baldassare Longhe­na. È allietato da uno splendido giardino.
I Malipiero, annoverati fra il gruppo delle famiglie "nuove" fecero parte del Gran Consiglio fin dal 908 e diedero a Venezia due dogi, il cui ramo si estinse nel secolo scorso. Il primo, Orio (1178-1192), domata la ribellione di Zara, partecipò alla terza Crociata che portò all’espugnazione di San Giovanni d’Acri. Però dopo quattordici anni di governo, nel 1192, abdicò per ritirarsi, in veste di semplice mona­co, nel convento di Santa Croce. Il secondo doge, Pasquale (1457-1462), succeduto al Foscari, benché brillante diplomatico e valoroso guerriero, come molti altri membri della sua famiglia, viene più che altro ricordato nelle cronache come amante fortu­nato del bel sesso...
Nel XV secolo, nonostante il quasi ininterrotto stato di guerra di Venezia in terraferma e nel Levan­te, il turismo era fiorentissimo e oculatamente sorve­gliato e amministrato, perciò le locande rappresenta­vano un considerevole affare, tanto che già nel 1341 una cronaca così recita: «In Pescaria nova abbiamo un’osteria chiamata della Campana. Sotto sono pic­cole botteghe, eppure da ciò si ricavan più di 800 ducati di fitto ogni anno, che è cosa meravigliosa..., per essere in un buon sito, e la sola osteria dà 250 ducati, pagando perciò più che per il primo palazzo della terra». Uno dei Malipiero, Priamo, possedeva da solo circa dieci di queste locande.
Si sa che intorno a quest’epoca il Consiglio pre­scrisse l’allontanamento delle meretrici dalle locan­de, ma molti nobili proprietari si appellarono contro il decreto che causava la diminuzione degli avventori e il calo degli affari. E si ritornò alle vecchie abi­tudini.
Un Angelo Malipiero fu bandito da Venezia pro­prio nell’anno della caduta della Repubblica, 1797, e confinato alla Giudecca. Egli ne fu talmente scon­volto che divenne pazzo. Quando pochi mesi dopo fu libero di ritornare, rifiutò infatti di muoversi dichiarando che poiché il Consiglio dei Dieci lo aveva esiliato, solo un altro decreto avrebbe potuto ridargli la libertà. Fu così che la famiglia, per tagliar corto, gli inviò un uomo camuffato da comandante il quale gli ingiunse di ritornare. Angelo si ritirò quindi nella casa avita e, sempre convinto di essere ancora suddito dell’antica Repubblica, vi morì nel 1826. Famosi furono in questo secolo i Malipiero del ramo collaterale: il grande musicista Gianfrancesco, suo nipote Riccardo ed il figlio di questi, un altro Riccar­do, violoncellista.