Palazzo Contarini delle Figure Le “figure” che si possono ben vedere passando in vaporetto lungo il Canal Grande e dalle quali prende il nome questo palazzo, altri non sono che le due ca­riatidi raffiguranti mostri, collocate sotto il balcone principale. La sfrenata fantasia popolare ha voluto vedere nelle due figure il ritratto di un uomo che si strap­pa i capelli per aver perso tutto al gioco e quello della moglie furibonda, ma nulla, ovviamente, autorizza a pensare che sia realmente così.

La famiglia Contarini è sicuramente fra le più antiche e importanti di Venezia e nella sua storia millenaria si divise in ben diciotto rami. A questo, proprietario del palazzo, apparteneva il Procuratore di San Marco, Jacopo Contarini, uomo illuminato, amante e protettore delle arti che, appunto fece erigere questa dimora secondo principi che, data l’epoca, appaiono molto moderni, quasi precursori dei empi, e in questo suo spirito d’innovazione il Contarini fu spinto sicuramente dai molteplici rapporti intrattenuti con gli ambienti culturali più vivaci e raffina­ti di Venezia e d’Italia. È nota la sua grande simpatia per Andrea Palladio, che venne ospitato a lungo in questa splendida residenza fino a quando egli non vi fissò stabile dimora, nel 1570, con tutta la famiglia, inoltre, cercò in tutti i modi di favorirne la carriera come quando, nel 1577, avuto l’incarico di rivedere il programma dei dipinti per la sala del Maggior Consiglio e dello Scrutinio andate distrutte nell’incendio dello stesso anno, fece proprio il nome del Palladio per il restauro architettonico.

Nei primissimi anni del XVI secolo la famiglia Contarini riacquistò questo edifi­cio che già era loro appartenuto in un periodo anteriore al 1448, quando era, con molta probabilità, di tipologia gotica. Immediatamente ne fu decisa la rifabbrica che venne realizzata negli anni tra il 1504 e il 1546; della nuova fabbrica non si conosce con esattezza il progettista che, tradizionalmente, viene indicato in Antonio Abbondi detto lo Scarpagnino, anche se altri studiosi lo ritengono quasi un’emanazione dell’ambiente di Mauro Codussi per via di alcune somiglianze con Palazzo Vendramin Calergi progettato, appunto, da quest’ultimo. Infatti, comuni ai due palazzi, sono sia i cartigli policromi, che le raffinate colonne classiche inserite nella facciata. Si è pensato anche ad alcuni interventi suggeriti da Andrea Palladio, che però sarebbero stati realizzati solo quando la fabbrica era ormai già qua­si completata: in alcuni progetti del celebre architetto si può vedere, per esem­pio, la polifora sormontata dal largo timpano che annuncia quasi le ricerche che approderanno poi alla realizzazione della cosiddetta “casa tempio”, ma non si può dire con certezza se questi studi sono antecedenti o posteriori alla realizzazione del singolare timpano triangolare di questo palazzo.
Un particolare connubio fra elementi architettonici dell’epoca e motivi decora­tivi che appaiono improntati ad una grande maturità espressiva, caratterizza la fac­ciata tripartita verticalmente e orizzontalmente, sicuramente una delle più raffi­nate e coerenti di tutto il Canal Grande. La bella quadrifora centrale, a colonne corinzie scanalate, è messa in grande rilievo dal timpano di cui si è già detto e che verrà poi ripreso nel Settecento dagli architetti pre-neoclassici. Delicate e per­fette decorazioni, improntate ad un eclettismo culturale, che era forse quello de­gli stessi committenti, si rincorrono in un ritmo armonico rifulgendo per la son­tuosità dei dettagli; bellissimi capitelli, forse un tempo dipinti d’oro, svettano nel­la radiosa pulizia del disegno.
L’interno del palazzo, dall’atrio al soffitto, era ricolmo di opere d’arte di squisita fattura, eseguite dai più grandi maestri del tempo, da Tiziano a Tintoretto, dal Bassano a Palma il Giovane e qui raccolte da Ja­copo Contarini, grande collezionista. Tutto era stato costruito per impressionare con lo sfarzo e la magnificenza dell’insieme.
La costruzione ebbe grande fortuna critica fra i contemporanei, forse perché vi si leggeva un chiaro ritorno al classicismo che è, però, classicismo veneto, il qua­le ancora conserva elementi delle epoche precedenti, quali, ad esempio, la poli­cromia e gli inserti decorativi finemente intagliati.
Nel 1713 l’ultimo dei Contarini, Bertucci, legò per testamento tutta la preziosissima raccolta di dipinti che decorava le splendide sale a Palazzo Ducale, fra cui ricordiamo lo straordinario dipinto II ratto di Europa di Paolo Veronese.
Nel XIX secolo il maestoso edificio venne acquistato dai marchesi Alessandro e Teresa Guiccioli, quest’ultima ricordata per essere stata l’ultimo grande amore veneziano di Lord Byron che abitò a lungo nel contiguo palazzo Mocenigo. Attualmente il Contarini dalle Figure, di proprietà privata, è stato suddiviso in vari appartamenti.