Palazzo Cavalli La facciata principale di questo palazzo, che prospetta sulla riva del Canal Grande, proprio alla confluenza in questo del rio di San Luca, è esem­plare dello stile gotico fiorito veneziano e presenta, ad altezza del primo piano, due grandi scudi del XV secolo con dei cavalli marini, sculture che hanno poi da­to il nome a questo bellissimo palazzo.
La costruzione dell’edificio pare risalga alla metà del Quattrocento, ma esso subì successivamente parecchi interventi di ristrutturazione, così che, ad un primo piano rimasto quasi inalterato con la sua decoratissima polifora con quadrilobi (che ricorda Palazzo Ducale) e balcone ag­gettante, corrisponde un piano terreno che presenta caratteristiche tipiche del Sei­cento, con un bel bugnato interrotto dalla serliana della riva d’acqua, e una sopraelevazione ottocentesca che ha portato ad un aumento notevole della volumetria dell’edificio. Il palazzo, che sulla facciata che guarda al rio di San Luca presen­ta esclusivamente finestre ad arco, oggi risulta perfettamente restaurato e da alcuni anni è sede di uffici giudiziari. Sono presenti non trascurabili decori inter­ni, opere di  Jacopo Guarana (1720-1808).
È questo uno dei palazzi che nel 1310 venne bollato col marchio d’infamia (un piccolo leone di San Marco oggi, però, scomparso) per avvisare che i proprie­tari erano stati membri della congiura di Baiamonte Tiepolo, del 1310 appun­to, che tentò di ribaltare il sistema di governo da pochi anni realizzato con la famosa serrata del Maggior Consiglio. Agli inizi del Cinquecento vi abitò Bartolomeo d’Alviano, grande condottiero delle armate di terra veneziane, tanto storpio quanto duro e rigido con la sua truppa, ma quasi sempre vincente. Il palazzo passerà in seguito ai Contarini conseguentemente al matrimonio di una figlia di Alvise Corner con Agostino Contarini (22 gennaio 1521), durante i cui festeggiamenti scoppiò una tremenda lite per motivi d’onore: vennero sguai­nate oltre venti spade e tutte le dame presenti fuggirono. Eredi dei Contarini furono, attorno al 1830, i Mocenigo che, a loro volta, vendettero l’edificio nel 1858 a Maria Dorotea Ulbricht; da questa passò poi alla famiglia Cavalieri e ai Ravenna.