Palazzo Flangini Esso consiste nei due terzi di un incompiuto edi­ficio progettato probabilmente da Giuseppe Sardi nella seconda metà del XVII secolo, di chiara deri­vazione longheniana. Un doppio ordine di semico­lonne ioniche e composite su alto basamento bugnato scandisce la facciata. Gli archi, sia del por­tale che delle finestre, sono decorati da poderose sculture.
Si dice che il palazzo sia rimasto incompiuto per­ché uno dei due fratelli che l’ereditarono, per dispetto all’altro, fece distruggere l’ala di sua perti­nenza, tagliandolo così a metà. La realtà, molto più semplice e prosaica, è che all’antico proprietario mancarono i fondi e che non riuscì ad acquistare l’a­rea vicina necessaria al completamento.
È praticamente il primo palazzo autenticamente monumentale che si incontra sul Canal Grande, sul lato sinistro, andando dalla ferrovia verso Rialto e San Mar­co. La sua facciata risalta perché è stretta e lunga, apparentemente incongrua ed effettivamente questo edificio, la cui realizzazione è attribuita all’architetto Giu­seppe Sardi dallo storico dell’arte settecentesco Tommaso Temanza (ma c’è chi pensa invece a Baldassarre Longhena), doveva, in realtà, essere molto più largo. Se si guarda con attenzione è evidente l’asimmetria del prospetto (si osservi il portale d’acqua spostato molto a sinistra e l’assenza, sulla destra, di una quinta apertura della polifora e della monofora più laterale) e si noterà anche come la colonna della quadrifora sia solo una mezza colonna.
L'edificio, che realisticamente si può dire terminato negli anni 1664-82, si segnala per una facciata particolarmente ricca, con un maestoso portale d’acqua (abbellito ulteriormente da due splendide figure maschili languidamente appoggiate sull’arco), due piani nobili con quadrifore e monofore laterali, sostenute da robusti fusti di semicolonne ioniche e composite, unite da balconi continui aggettanti e decorate con teste in chiave d’arco (si vedano soprattutto quelle del secondo pia­no coperte da spiritosi elmi piumati, forse dovute alla mano felice dello sculto­re Bernardo Falcone). Di un qualche pregio anche il mezzanino superiore, soste­nuto dalle grandi mensole di ispirazione sansoviniana che però è certamente di epoca successiva, in quanto più di una riproduzione settecentesca mostra al suo posto tutta una serie di piccole aperture ovali. Si noti come l’ignoto architetto di questo intervento abbia cercato di dare maggior simmetria alla facciata, operan­do in modo molto semplice, ma molto intelligente, chiudendo cioè la seconda aper­tura da sinistra e dando così perfetto equilibrio alla sua esecuzione. L’incompiu­tezza del palazzo si rileva anche dalla sua pianta interna che, progettualmente, prevedeva il solito salone passante veneziano posto al centro, ma che qui è di­ventato, per forza di cose, laterale. L’interno è molto ben conservato con stucchi barocchi e tele coeve, a dimostrazione di un’unica regia che sovrintendeva sia al­la realizzazione dell’edificio, sia al suo decoro.
Fin dal 1310 i Flangini, nobili di Cipro, diedero a Venezia molti eroici uomini di mare e tutti della tempra di quel Ludovico (1677-1717) che, dopo aver arditamente attaccato la flotta ottomana nei Dardanelli, mortal­mente ferito, si fece portare sul càssero per conti­nuare a dirigere la battaglia che già infuriava da due giorni. Solo quando la vittoria arrise ai veneziani egli si accasciò, morto.
La famiglia Flangini, ammessa con Girolamo Flangini al patriziato veneziano “per soldo” nel 1664, si estinse nel 1804 con la morte del cardinale Lodovico Flangi­ni, patriarca di Venezia, e con il trasferimento di ogni bene a Giulio Panciera, ma­rito di una delle figlie del cardinale. Non si pensi a chissà quale scandalo! Lo­dovico Flangini era regolarmente sposato e aveva avuto anche delle figlie, ma ri­mase vedovo molto presto e, già devotissimo, decise allora di prendere gli ordi­ni sacerdotali. Alla famiglia l’imperatore Federico III concesse il titolo comitale.
Attualmente il palazzo è diviso in diverse proprietà private.A seguito di un importante restauro, l’androne e il portego del palazzo sono stati presi in gestione dalla società Valorizzazioni Culturali con lo scopo di restituirgli il meritato riconoscimento storico-culturale attraverso la produzione di eventi e mostre d’arte. Il restauro ha riportato a nuova vita le splendide decorazioni barocche della facciata e dell’interno, gli stucchi e le preziose porte dipinte del Settecento e infine tutte le decorazioni parietali ottocentesche, compresi i cicli di dipinti che compongono la quadreria del salone centrale.