Palazzo Calbo Crotta Giovanni, eletto nel 1312, fu uno dei più illustri dogi della Repubblica e morì a 88 anni, nel 1328, fra il compianto generale. Non ebbe una vita facile, ma mostrò sempre grande abilità ed energia nell’affrontare i problemi politici e militari. Salendo al dogado egli aveva ereditato una pesante situazione di con­flitto con la Chiesa che nel 1308 aveva scomunicato Venezia per essersi schierata dalla parte di uno dei signori di Ferrara inviso alla Santa Sede. La scomunica in quei tempi significava per Venezia perdere tutto quanto essa possedeva nel mondo cattolico, edifici, beni, uomini: a Genova, per esempio, i veneziani furono uccisi in massa o fatti schiavi. Era un vicolo cieco dal quale il Senato non aveva trovato modo di uscire, ma nel 1324 Giovanni Soranzo riuscì ad appianare le gravi e imbarazzanti divergenze con il papato, comprando la riconciliazione a peso d’oro. Si trovò poi ad affrontare contrasti con Genova per ragioni commerciali; dovette intervenire a pacificare la Dalmazia e a reprimere a Candia nel 1327 una congiura cui partecipavano pure alcuni Venier del ramo che s’era trasferito nell’isola. Anche in famiglia ebbe vita difficile: la figlia Soranza, bandita insieme col marito Nicolò Querini, lo Zoppo, per aver egli preso parte nel 1310 alla fallita congiura di Baiamonte Tiepolo, non appena seppe che il padre era stato eletto al dogado, ritornò a Venezia senza il per­messo della Repubblica, sperando nell’impunità. Ma il Tribunale dei Dieci la condannò a star chiusa in convento fino a che il marito fosse morto: solo allora ella sarebbe potuta ritornare a vivere con sua madre nel palazzo avito. Né il doge poté intervenire a miti­gare la sentenza.

Lo storico Villani racconta questo aneddoto: nel 1321 Dante Alighieri, poco prima della sua morte, arrivò a Venezia per una ambasceria, soggiornando in questo palazzo, e fu «invitato dal doge a desinar in tempo di pesce». C’erano ora­tori che lo precedevano in importanza, ed essi ave­vano grossi pesci nei piatti, ma a Dante furono por­tati solo pesci piccoli. Egli ne prese uno e se lo portò all’orecchio. Il doge gli domandò allora cosa ciò significasse. Dante rispose che essendo suo padre morto in quei mari, domandava al pesce novelle di lui. «II doge chiese: “Beh, che ve dise?” “Dice - rispose il poeta - che lui e i suoi compagni sono troppo giovani e piccoli e non sanno, ma che qui ce ne sono di grandi e vecchi che mi sapranno dar noti­zia”». Il doge rise e gli fece portare un pesce più grande.
I Soranzo, che lo edificarono, oggi estinti nella linea maschile, appartennero al gruppo delle famiglie più antiche ammesse nel Consiglio fin dal 747. Furono anch’essi grandissimi patrizi-mercanti e abbiamo notizia che già nel 1338 un Soranzo, con altri nobili, lasciava la Cina diretto a Delhi.
I Crotta che acquistarono il palazzo dai Soranzo agli inizi del ’700, erano patrizi «per soldo», avendo sborsato i richiesti 100.000 ducati nel 1649. Di ori­gine milanese, essi possedevano grandi interessi nelle miniere di rame del bellunese. Tuttavia pochi anni dopo la loro ammissione alla nobiltà, Giuseppe fu condannato per aver ucciso il fratello Antonio. Egli era già fuggito, sottraendosi al castigo, ma tutti i suoi beni vennero confiscati a favore della famiglia del­l’ucciso. Ciò non spaventò Giuseppe: approfittando del fatto che la cognata era andata in una sua casa di campagna, di notte, accompagnato dai suoi bravi, irruppe nelle stanze della donna e sotto minaccia la costrinse a firmare la restituzione di tutti i beni, alla presenza di un compiacente notaio ch’egli s’era por­tato appresso. Ma Venezia annullò quell’atto e bandì Giuseppe per sempre. I Calbo vennero a Venezia nell’891 e diedero alla Repubblica illustri uomini d’arme. Un Giovanni Marco, morto poi nel 1727, sposò Lucrezia Crotta e, per disposizione testamentaria dello zio materno, ereditò il palazzo e aggiunse al proprio il cognome di Crotta. Per questo palazzo il Tiepolo aveva dipinto una grande tela con i santi della famiglia Calbo Crotta che ora si trova nella Pinacoteca di Franco­forte. L’edificio oggi ospita un albergo.