Di antica e nobile origine e immensamente ricchi e potenti: erano così definibili i Tron quando, nella seconda metà del Cinquecento, decisero di intraprendere la ricostruzione della preesistente fabbrica gotica di San Stae, nella quale i componenti del ramo principale della famiglia abitavano oramai da secoli. I floridi commerci intrattenuti col Levante e la forte coesione dei legami all'interno del gruppo familiare avevano impedito la dispersione del loro ingente patrimonio e consentito di superare, abbastanza agevolmente, le burrasche economiche che susseguirono alla scoperta dell'America e di nuove rotte.
La bianca facciata di questo aggraziato palazzo che si affaccia sul Canal Grande presenta molti richiami sansoviniani, come, ad esempio, i lunghi medaglioni collocati sotto le finestre dei mezzanini e dell'ultimo piano, il raccordo a colonna delle finestre (con capitelli ionici e corinzi) e, infine, la particolare forma dei balaustri col cubo centrale. Appartiene alla tradizione veneziana, però, la classica suddivisione a trittico del fronte, proiezione della pianta interna, con il portale d'acqua e le finestrature spostate lievemente verso sinistra e col motivo della serliana formato, in questo caso, dalla porta centrale affiancata da piccole aperture laterali. Furono conservati alcuni elementi appartenenti alla precedente costruzione, come, ad esempio, il cornicione rilevato e il fregio rigonfio sopra il piano nobile. Due solenni pinnacoli svettavano, un tempo, sul tetto dando al palazzo un maggiore slancio verticale ma, dopo che uno dei due fu abbattuto da un fulmine, fu forse distrutto anche l'altro ed essi non vennero più ricostruiti. Notevole è anche la facciata che insiste sul bel giardino interno e che ripete, nei due piani nobili, le arcate del fronte principale con la differenza, però, che qui i capitelli delle colonne sono tutti corinzi, compresi quelli, bellissimi in marmo rosso di Verona, del pianterreno.

Lo stesso Francesco Sansovino elogiò moltissimo la facciata sul Canal Grande quando ebbe modo di vederla, e del resto il palazzo, dopo la ricostruzione cinquecentesca, era divenuto uno dei più eleganti di Venezia, decorato sontuosamente all'interno e arredato con mobili di grande pregio; tutto ciò contribuiva ad accrescere il prestigio della famiglia al punto che, nel 1635, la loro dimora fu scelta dal Senato per ospitare una memorabile ambasceria del re di Francia Luigi XIII. Durante il XVIII secolo l'edificio fu nuovamente oggetto di restauri e questa volta i Tron chiamarono Antonio Gaspari per ingrandire la loro superba abitazione, che fu allungata con la costruzione di due nuove ali in fianco della controfacciata cinquecentesca che insiste sul cortile: il risultato finale fu che l'edificio ebbe una pianta simile a quella di Palazzo Zenobio ai Carmini, costruito anch'esso dal Gaspari. L'architetto progettò anche un "casin" dove fu allestita una stupenda sala da ballo e che fu raso al suolo dopo la morte, nell'1828, dell'ultima rappresentante di casa Tron, ovvero Cecilia. Non conosciamo quale fosse l'ubicazione del casino, ma sappiamo che era riccamente decorato; lo storico dell'arte ottocentesco Gianjacopo Fontana narra, ad esempio, che le sovrappone della sala da ballo erano state dipinte da Louis Dorigny con le figure delle "Muse". Successivamente il soffitto della sala da ballo fu affrescato con "La caduta dei Giganti" da Jacopo Guarànà, forse proprio nel 1775, anno in cui il procuratore Andrea Tron, detto "el paron" per la sua grande preparazione politica e culturale, ospitò nella sua casa l'imperatore d'Austria Giuseppe II. Fu proprio in questi anni che il palazzo di San Stae conobbe i suoi fasti maggiori, ospitando memorabili ricevimenti e personaggi illustri, tra sfarzo, intrighi e passioni.
Rimarchevole è la figura della moglie del Procuratore Andrea, Caterina Dolfin, donna di grande cultura e amante delle arti, mecenate di artisti e letterati, la quale aveva dato avvio, nelle sale del palazzo, ad un vivace salotto culturale dove si professavano senza troppe remore idee illuministe, tanto che gli Inquisitori ne ordinarono la chiusura. Ella fu molto ammirata per la sua bellezza e divenne nota anche per le sue innumerevoli avventure sentimentali, la più famosa delle quali rimane quella intrattenuta col conte Cagliostro, interrotta bruscamente quando egli fu costretto a fuggire da Venezia per aver truffato un mercante.
Con la morte della già citata Cecilia Tron, il palazzo passò a sua figlia, Chiara Maria, che aveva sposato un Donà delle Rose. Attualmente l'edificio, tutto sommato ben tenuto, è sede del Dipartimento di Urbanistica della facoltà di architettura dell'Università di Venezia.

Università IUAV di Venezia: http://www.iuav.it/Ateneo1/Sedi/Sedi-venez/ca--Tron/